Santa Margherita Belice, è uno dei pochi comuni della Sicilia che ha
conquistato il riconoscimento di “Custode dell’Identità Territoriale” del
percorso Borghi GeniusLoci De.Co.
un percorso culturale, dove gli
elementi essenziali di relazionalità sono
Territorio-Tradizioni-Tipicità-(intesa come specificità)-Tracciabilità e
Trasparenza, che rappresentano la vera componente innovativa, da condividere
con il territorio e i suoi abitanti.
𝐒𝐢 𝐞̀ 𝐬𝐯𝐨𝐥𝐭𝐚 𝐚 𝐒𝐚𝐧𝐭𝐚 𝐌𝐚𝐫𝐠𝐡𝐞𝐫𝐢𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐁𝐞𝐥𝐢̀𝐜𝐞 𝐥𝐚 𝐆𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐝𝐢𝐜𝐚𝐭𝐚 𝐚𝐥𝐥'𝐞𝐝𝐮𝐜𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐚𝐠𝐫𝐨𝐚𝐥𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚𝐫𝐞, 𝐛𝐢𝐨 𝐞 𝐧𝐞𝐨𝐫𝐮𝐫𝐚𝐥𝐢𝐭à.
Un’intera
giornata pensata per riflettere sul valore del cibo, dell’inclusione e della
salute mentale, grazie a momenti di confronto, arte e convivialità.
Al mattino,
nell’Aula Consiliare “Rosario Livatino”, il workshop ha visto gli interventi di
esperti del settore, con i saluti istituzionali del Sindaco Gaspare Viola e
della Presidente della Cooperativa Sociale Quadrifoglio Leonarda Armato Barone.
Un confronto arricchente grazie ai contributi di Giuseppe Maiorana (Rete
Museale Belicina), Lillo Di Loro (Italia Bio) e Nino Sutera (Ideologo del percorso Borghi GeniusLoci De.Co.).
Nel
pomeriggio, in via Libertà, la bellezza dell’arte ha preso forma con
l’estemporanea “Arte senza confini: forme e colori della mente”, curata dal
maestro Paolo Manno con gli ospiti della Comunità Rosa di Jericho, gli alunni
dell’I.C.S. “G. Tomasi di Lampedusa” e una rappresentanza degli alunni degli
Istituti Superiori di Sciacca guidata dalla prof.ssa Annalia Misuraca.
A seguire:
Degustazione
di prodotti tipici locali
Show cooking
con le tradizionali siringate
Musica
itinerante del gruppo folk “I Viddaneddi”
E la straordinaria presenza di Federico Fazzuoli, fondatore di Linea Verde RAI
Un’iniziativa
realizzata nell’ambito del PSR Sicilia 2014–2022, per una comunità sempre più
consapevole, inclusiva e connessa al territorio.
E’ proprio
le Siringate, quei gustosi dolcetti che
piacevano tanto alla principessa Filangeri, che a Santa Margherita di Belice
era trattata da tutti come una regina, rappresenta uno degli elementi
identitari del comune belicino.
Il percorso
dei Borghi GeniusLoci De.Co. è un percorso nelle prerogative dei sindaci per
valorizzare gli elementi identitari del proprio territorio
Il
genius loci è il territorio della memoria, il nostro patrimonio, il valore più
profondo della cultura mediterranea ed
europea,ed è l’unico anticorpo che abbiamo rispetto alla cultura dell'
indefinito globale.
Il
“GeniusLoci” rappresenta concettualmente quello “spirito” percepibile, quasi
tangibile, che rende unici certi luoghi ed irripetibili certi momenti, uno
spazio, un edificio o un monumento. Non solo: il Genius Loci è anche nelle
immagini, nei colori, nei sapori e nei profumi dei paesaggi intorno a noi, che
tanto spesso, anche all’improvviso, ci stupiscono ed emozionano. Le persone
“respirano” il genius loci di un luogo, di un ambiente quando ne hanno piena
coscienza. Ognuno di noi è attaccato ad un luogo d’infanzia, ad un ricordo, ad
un affetto, a un dolce, ad un piatto. Ecco, l’obiettivo è recuperare l’identità
di un luogo, attraverso le prelibatezze storiche e culturali del territorio.
Le De.Co.
(Denominazioni Comunali) nascono da un’idea semplice e geniale del grande Luigi
Veronelli, che così le spiegava: “Attraverso la De.Co. il "prodotto"
del Territorio acquista una sua identità.” Rappresenta un concreto strumento di
marketing territoriale, ma soprattutto un’importante opportunità per il
recupero e la valorizzazione delle identità e le unicità locali. La De.Co. è
“un prodotto del territorio” (un piatto, un dolce, un sapere, un evento, un
lavoro artigianale, etc) con il quale una comunità si identifica per elementi
di unicità e caratteristiche identitarie, deve essere considerata come una vera
e propria attrazione turistica capace di muovere un target di viaggiatori che
la letteratura internazionale definisce “foodies” viaggiatori sensibili al
patrimonio culinario locale e non solo.
Lo Storico Prof Andrea Randazzo, ha compiuto una attenta ricerca storica, sull’origine del prodotto simbolo e identitario di Santa Margherita Belice, le siringate, eccola...
Con la
venuta degli Spagnoli in Sicilia, nel 1516 con re Carlo V d’Asburgo, il settore
culinario e dolciario si arricchì di nuovi prodotti tra i quali i famosi Churros (siringate)
che in Sicilia, non riscossero la medesima popolarità che avevano ed hanno nei
paesi di lingua spagnola, dovuto, penso, al nostro largo uso di cannoli,
cassatelle e sfingi, portati in Sicilia dagli Arabi,
I churros e le siringate di Santa Margherita di Belìce
sono simili nella forma e nel colore ma diversi nella sostanza: i primi sono
fatti, in ordine di quantità, di acqua, farina, burro, uova, zucchero e sale; i
secondi, di ricotta, farina, miele, zucchero, uova, cannella e
scorza d’arancia grattugiata.
Raccontano gli anziani del paese che a fare le prime
siringate di ricotta fu la moglie di un pastore Margheritese, che viveva nel
lontano feudo Meccina col marito e la loro numerosa prole.
In estate le pecore, come è noto, producono poco latte e di conseguenza i
pastori ottengono limitati quantitativi di ricotta; a quei tempi non esistevano
frigoriferi e l’unico metodo di conservazione della ricotta consisteva nel
salarla ed esporla al sole. Quanto il curatolo raggiungeva una consistente
quantità di ricotta salata andava in paese a venderla.
Un giorno la donna, vedendo il marito immergere il formaggio appena fatto
nel siero bollente per non guastarsi, pensò di mettere la ricotta nell’olio
bollente ottenendo un dolce che piacque ai suoi figli, e, soprattutto, si
conservava bene per alcuni giorni. Poi per migliorare la cottura, fece dei
cilindretti adoperando l’imbuto di latta con cui il marito durante l’inverno
faceva la salsiccia. A poco a poco, aggiunse altri ingredienti ottenendo,
infine, una vera prelibatezza.
Un giorno il conte Lucio Mastrogiovanni Tasca, marito
della principessa Giovanna Filangeri la quale amava trascorrere diversi mesi
all’anno nel suo sontuoso palazzo di Santa Margherita di Belice, si trovò a
passare per quella masseria, dopo un’estenuante battuta di caccia con i suoi
amici.
La moglie del pastore molto imbarazzata non sapeva cosa offrire a quel
nobile signore che, fra l’altro, era anche il proprietario del feudo e degli
armenti. Prese del pane appena sfornato, lo condì con olio, sarde, vastedda ed
origano; infine, alquanto timorosa, prese un canestro colmo di siringate e
gliele porse.
Don Lucio e i suoi amici, credendo che fossero i comuni churros, ne
presero qualcuno per non essere scortesi, ma appena li assaggiarono, una dopo
l’altra le finirono tutte. Il conte prima di ripartire invitò la donna a
recarsi a casa sua per insegnare alla loro cuoca a fare quei dolcetti tanto
squisiti.
Anche alla principessa Giovanna le siringate di
ricotta piacquero tanto, così cominciò ad offrirle a tutte le sue amiche che
andavano a trovarla; e durante il carnevale interi vassoi di siringate erano
offerti a tutte le maschere che andavano a ballare nel suo palazzo.
In breve quei gustosi dolcetti che piacevano tanto alla principessa Filangeri, che a Santa Margherita di Belice era trattata da tutti come una regina, divennero popolari non solo tra le famiglie abbienti ma tra tutti i Margheritesi.
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