mercoledì 14 maggio 2025

𝐞𝐝𝐮𝐜𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐚𝐠𝐫𝐨𝐚𝐥𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚𝐫𝐞, 𝐧𝐞𝐨𝐫𝐮𝐫𝐚𝐥𝐢𝐭à e identità territoriale

 

 Santa Margherita Belice,  è uno dei pochi comuni della Sicilia che   ha conquistato il riconoscimento di “Custode dell’Identità Territoriale” del percorso  Borghi GeniusLoci De.Co. un    percorso culturale, dove gli elementi essenziali di relazionalità sono Territorio-Tradizioni-Tipicità-(intesa come specificità)-Tracciabilità e Trasparenza, che rappresentano la vera componente innovativa, da condividere con il territorio e i suoi abitanti.

𝐒𝐢 𝐞̀ 𝐬𝐯𝐨𝐥𝐭𝐚   𝐚 𝐒𝐚𝐧𝐭𝐚 𝐌𝐚𝐫𝐠𝐡𝐞𝐫𝐢𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐁𝐞𝐥𝐢̀𝐜𝐞 𝐥𝐚 𝐆𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐝𝐢𝐜𝐚𝐭𝐚 𝐚𝐥𝐥'𝐞𝐝𝐮𝐜𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐚𝐠𝐫𝐨𝐚𝐥𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚𝐫𝐞, 𝐛𝐢𝐨 𝐞 𝐧𝐞𝐨𝐫𝐮𝐫𝐚𝐥𝐢𝐭à.


Un’intera giornata pensata per riflettere sul valore del cibo, dell’inclusione e della salute mentale, grazie a momenti di confronto, arte e convivialità.

Al mattino, nell’Aula Consiliare “Rosario Livatino”, il workshop ha visto gli interventi di esperti del settore, con i saluti istituzionali del Sindaco Gaspare Viola e della Presidente della Cooperativa Sociale Quadrifoglio Leonarda Armato Barone. Un confronto arricchente grazie ai contributi di Giuseppe Maiorana (Rete Museale Belicina), Lillo Di Loro (Italia Bio) e Nino Sutera (Ideologo del percorso Borghi GeniusLoci De.Co.).

Nel pomeriggio, in via Libertà, la bellezza dell’arte ha preso forma con l’estemporanea “Arte senza confini: forme e colori della mente”, curata dal maestro Paolo Manno con gli ospiti della Comunità Rosa di Jericho, gli alunni dell’I.C.S. “G. Tomasi di Lampedusa” e una rappresentanza degli alunni degli Istituti Superiori di Sciacca guidata dalla prof.ssa Annalia Misuraca.

A seguire:

Degustazione di prodotti tipici locali

Show cooking con le tradizionali siringate

Musica itinerante del gruppo folk “I Viddaneddi”

E la straordinaria presenza di Federico Fazzuoli, fondatore di Linea Verde RAI

Un’iniziativa realizzata nell’ambito del PSR Sicilia 2014–2022, per una comunità sempre più consapevole, inclusiva e connessa al territorio.

E’ proprio le   Siringate, quei gustosi dolcetti che piacevano tanto alla principessa Filangeri, che a Santa Margherita di Belice era trattata da tutti come una regina, rappresenta uno degli elementi identitari del comune belicino.

Il percorso dei Borghi GeniusLoci De.Co. è un percorso nelle prerogative dei sindaci per valorizzare gli elementi identitari del proprio territorio

  Il genius loci è il territorio della memoria, il nostro patrimonio, il valore più profondo della cultura  mediterranea ed europea,ed è l’unico anticorpo che abbiamo rispetto alla cultura dell' indefinito  globale.

Il “GeniusLoci” rappresenta concettualmente quello “spirito” percepibile, quasi tangibile, che rende unici certi luoghi ed irripetibili certi momenti, uno spazio, un edificio o un monumento. Non solo: il Genius Loci è anche nelle immagini, nei colori, nei sapori e nei profumi dei paesaggi intorno a noi, che tanto spesso, anche all’improvviso, ci stupiscono ed emozionano. Le persone “respirano” il genius loci di un luogo, di un ambiente quando ne hanno piena coscienza. Ognuno di noi è attaccato ad un luogo d’infanzia, ad un ricordo, ad un affetto, a un dolce, ad un piatto. Ecco, l’obiettivo è recuperare l’identità di un luogo, attraverso le prelibatezze storiche e culturali del territorio.

Le De.Co. (Denominazioni Comunali) nascono da un’idea semplice e geniale del grande Luigi Veronelli, che così le spiegava: “Attraverso la De.Co. il "prodotto" del Territorio acquista una sua identità.” Rappresenta un concreto strumento di marketing territoriale, ma soprattutto un’importante opportunità per il recupero e la valorizzazione delle identità e le unicità locali. La De.Co. è “un prodotto del territorio” (un piatto, un dolce, un sapere, un evento, un lavoro artigianale, etc) con il quale una comunità si identifica per elementi di unicità e caratteristiche identitarie, deve essere considerata come una vera e propria attrazione turistica capace di muovere un target di viaggiatori che la letteratura internazionale definisce “foodies” viaggiatori sensibili al patrimonio culinario locale e non solo. 

 






Lo Storico Prof   Andrea Randazzo, ha compiuto una attenta ricerca storica, sull’origine del prodotto simbolo e identitario di Santa Margherita Belice, le siringate, eccola...

Con la venuta degli Spagnoli in Sicilia, nel 1516 con re Carlo V d’Asburgo, il settore culinario e dolciario si arricchì di nuovi prodotti tra i quali i famosi Churros (siringate) che in Sicilia, non riscossero la medesima popolarità che avevano ed hanno nei paesi di lingua spagnola, dovuto, penso, al nostro largo uso di cannoli, cassatelle e sfingi, portati in Sicilia dagli Arabi,

churros e le siringate di Santa Margherita di Belìce sono simili nella forma e nel colore ma diversi nella sostanza: i primi sono fatti, in ordine di quantità, di acqua, farina, burro, uova, zucchero e sale; i secondi, di ricotta, farina, miele, zucchero, uova, cannella e scorza d’arancia grattugiata.

Raccontano gli anziani del paese che a fare le prime siringate di ricotta fu la moglie di un pastore Margheritese, che viveva nel lontano feudo Meccina col marito e la loro numerosa prole.

In estate le pecore, come è noto, producono poco latte e di conseguenza i pastori ottengono limitati quantitativi di ricotta; a quei tempi non esistevano frigoriferi e l’unico metodo di conservazione della ricotta consisteva nel salarla ed esporla al sole. Quanto il curatolo raggiungeva una consistente quantità di ricotta salata andava in paese a venderla.

Un giorno la donna, vedendo il marito immergere il formaggio appena fatto nel siero bollente per non guastarsi, pensò di mettere la ricotta nell’olio bollente ottenendo un dolce che piacque ai suoi figli, e, soprattutto, si conservava bene per alcuni giorni. Poi per migliorare la cottura, fece dei cilindretti adoperando l’imbuto di latta con cui il marito durante l’inverno faceva la salsiccia. A poco a poco, aggiunse altri ingredienti ottenendo, infine, una vera prelibatezza.

Un giorno il conte Lucio Mastrogiovanni Tasca, marito della principessa Giovanna Filangeri la quale amava trascorrere diversi mesi all’anno nel suo sontuoso palazzo di Santa Margherita di Belice, si trovò a passare per quella masseria, dopo un’estenuante battuta di caccia con i suoi amici.

La moglie del pastore molto imbarazzata non sapeva cosa offrire a quel nobile signore che, fra l’altro, era anche il proprietario del feudo e degli armenti. Prese del pane appena sfornato, lo condì con olio, sarde, vastedda ed origano; infine, alquanto timorosa, prese un canestro colmo di siringate e gliele porse.

Don Lucio e i suoi amici, credendo che fossero i comuni churros, ne presero qualcuno per non essere scortesi, ma appena li assaggiarono, una dopo l’altra le finirono tutte. Il conte prima di ripartire invitò la donna a recarsi a casa sua per insegnare alla loro cuoca a fare quei dolcetti tanto squisiti.

Anche alla principessa Giovanna le siringate di ricotta piacquero tanto, così cominciò ad offrirle a tutte le sue amiche che andavano a trovarla; e durante il carnevale interi vassoi di siringate erano offerti a tutte le maschere che andavano a ballare nel suo palazzo.

In breve quei gustosi dolcetti che piacevano tanto alla principessa Filangeri, che a Santa Margherita di Belice era trattata da tutti come una regina, divennero popolari non solo tra le famiglie abbienti ma tra tutti i Margheritesi.





















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