lunedì 4 agosto 2025

A Santa Margherita di Belìce, la Sicilia e l’identità territoriale come valore e volano dello sviluppo

 La serata conclusiva condotta da Nino Graziano Luca, con la cerimonia di   svelatura della targa, la  consegna della bandiera della Rete Nazionale dei Borghi GeniusLoci DeCo e la consegna del riconoscimento di Custode dell'Identità Territoriale a Concetta Marino  


 La Sicilia del cibo e dei Borghi GeniusLoci De.Co. protagonista del XX Festival del Gattopardo


Santa Margherita di Belìce, 4 agosto 2025 – Un successo di pubblico, contenuti e partecipazione per il XX Festival del Gattopardo, svoltosi dall’1 al 3 agosto nella splendida cornice di Santa Margherita di Belìce. Un’edizione speciale, che ha celebrato il prestigioso riconoscimento conferito alla Sicilia come Regione Europea della Gastronomia 2025, e il primato nazionale per la qualità del cibo secondo l’ultimo report SWG.

In un perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione, la Sicilia si conferma così come un unicum enogastronomico e culturale nel panorama italiano. “Essere al primo posto per la qualità del cibo – ha dichiarato il sindaco Gaspare Viola – è un riconoscimento che premia la nostra identità, la nostra storia, la nostra cultura, e l’impegno quotidiano di migliaia di operatori del settore agroalimentare e turistico dell'isola”.



Durante le tre giornate del Festival, la cultura e l’identità territoriale sono state protagoniste assolute: eventi, spettacoli, degustazioni, momenti di riflessione e di valorizzazione del patrimonio materiale e immateriale hanno animato la città.

La Tavola del Gattopardo Ambasciatrice dell’Identità Territoriale

Uno dei momenti più significativi del Festival è stato il conferimento del riconoscimento “Ambasciatrice dell’Identità Territoriale” alla Tavola del Gattopardo, promosso dalla Rete Nazionale dei Borghi GeniusLoci De.Co., presieduta da Nino Sutera.
“Il Comune belicino,  si distingue per la sua capacità di raccontare il proprio Genius Loci attraverso una narrazione culturale ed enogastronomica autentica, perfettamente incarnata nelle tradizioni locali e nell’eredità lasciata da Tomasi di Lampedusa.”

Il legame tra il romanzo Il Gattopardo, il Palazzo Filangeri di Cutò e le pietanze identitarie – tra cui le celebri “siringate”, dolci amati dalla principessa Filangeri – rappresenta una testimonianza concreta di come il cibo sia anche cultura, storia e appartenenza.

Un Festival tra gusto e bellezza

Momento clou della manifestazione è stata la realizzazione di una maestosa cassata siciliana da 200 kg, preparata in diretta da una brigata di professionisti Umat e distribuita gratuitamente al pubblico. Ad accompagnare il dolce, i prelibati “trionfi di gola” realizzati dalle Lady Chef Pastry e dalle pasticcerie del territorio, il tutto abbinato a una selezione di vini tipici del Belicino, per una vera celebrazione del gusto siciliano.

“Un evento che ha saputo raccontare la Sicilia del cibo come laboratorio di sostenibilità, accoglienza e innovazione” – ha dichiarato l’Assessore al Turismo, Deborah Ciaccio.

La Sicilia tra i luoghi più amati e sognati

L’ultimo rapporto SWG ha confermato la posizione di eccellenza della Sicilia, non solo in ambito gastronomico, ma anche tra le mete più amate dagli italiani per le vacanze, tra le più consigliate agli stranieri, e tra i luoghi dove gli italiani sognano di vivere.

Il riconoscimento dell’International Institute of Gastronomy, Culture, Arts and Tourism (IGCAT), che ha designato la Sicilia come Regione Europea della Gastronomia 2025, testimonia il valore crescente delle politiche di valorizzazione delle identità locali e delle pratiche agroalimentari sostenibili.


 Concetta Marino   dal  convento di Palma di Montechiaro  a  Custode dell’Identità Territoriale



Il principe di Salina condivideva con il Re di Napoli il diritto di entrare nel convento. E li si riforniva dei dolci che potevano essere venduti dalla suore solo attraverso la ruota degli esposti per non avere contatti con l’esterno. L’eredità raccolta da Concetta Marino.  

Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo celeberrimo romanzo de Il Gattopardo ne parla così: «Il monastero di Santo Spirito era soggetto ad una rigida regola di clausura e l’ingresso ne era severamente vietato agli uomini. Appunto per questo il Principe era particolarmente lieto di visitarlo, perché per lui, discendente diretto della fondatrice, la esclusione non vigeva, e di questo suo privilegio, che divideva soltanto con il Re di Napoli, era geloso e infantilmente fiero. (…) gli piacevano i mandorlati che le monache confezionavano su ricette centenarie».

A far gola al severissimo principe erano i Biscotti ricci che le monache benedettine del Convento del SS Rosario di Palma di Montechiaro, un paesino della provincia di Agrigento in Sicilia, preparavano nel segreto delle loro cucine e che vendevano al pubblico solo attraverso la ruota degli esposti, quella destinata ad accogliere anonimamente i bambini non desiderati dai genitori, ricevendo gli ordini da dietro una grata. Funzionava così: chi voleva acquistare questi squisiti biscotti, suonava una campanella esterna, da dietro la grata rispondeva poco dopo una suora che accoglieva l’ordine. Ancora una breve attesa e i biscotti, confezionati con cura in vassoi, venivano consegnati attraverso la rota.

Dolci saporitissimi e di antica data dal momento che la produzione di questi mandorlati, risale alla metà del XVII secolo, quando le suore del monastero inventarono questa ricetta per celebrare la visita del Duca Santo Giulio Tomasi di Lampedusa, antenato dell’autore del celebre romanzo. Il monastero, soggetto a severi vincoli di clausura che proibivano l’accesso agli uomini, faceva un’eccezione per il Principe, un privilegio che, come narra il romanzo, era motivo di orgoglio per lui. Durante le sue visite, le suore gli preparavano dei biscotti mandorlati, seguendo una tradizione locale.

A Palma di Montechiaro diverse pasticcerie oggi vendono i Ricci del Gattopardo, ma solo una donna custodisce il segreto della ricetta autentica delle suore di clausura. Il suo nome è Concetta Marino  

Sesta di una famiglia numerosa di 12 figli, a 8 anni e mezzo, era stata mandata dai genitori nel convento delle Benedettine, insieme a due delle sue sorelle più piccole. Ovviamente la vita era molto rigorosa dietro quelle mura imperscrutabili: “Non potevamo fare niente, né uscire, né circolare per il convento, nemmeno affacciarci alla finestra”, spiega. È rimasta lì fino alla terza media. Una suora, Suor Maria Giannina, la prese in simpatia e la portò nel laboratorio di pasticceria all’interno del convento. La piccola Concetta rimase subito affascinata da quel mondo di profumi e sapori. E quando dovette abbandonare il Convento iniziò a frequentare corsi di pasticceria professionale. E, oggi, Concetta è l’unica erede dei segreti dei dolci conventuali di Palma di Montechiaro che vende nella sua pasticceria.




 

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