Rete dei Borghi GeniusLoci De.Co.
giovedì 31 luglio 2025
Cianciana (AG): al via la 5° edizione della Sagra del Raccolto, dei Grani antichi, Cereali e Legumi
Acquedolci, al via i lavori per la strada regionale della cannamela Born in Sicily
Sabato 9 agosto alle ore 18.00 presso l'Aula Consiliare del comune di Acquedolci si terrà un Convegno sulla Canna da Zucchero, il cui tema va dal recupero del patrimonio identitario, alle opportunità. L'iniziativa rientra tra le attività del European Rural Parliament Italy che ha al suo attivo tantissime iniziative, ispirati dal concetto del born in sicily e dai borghi genius loci De.Co. Esperti del settore tracceranno le linee guida per un percorso culturale ed economico, a livello regionale tra i Comuni che furono interessati della coltivazione della Canna da Zucchero (Cannamele) e dalla commercializzazione dello zucchero, fino alla trasformazione in Rum. Gli Arabi, durante la loro espansione nel Mediterraneo, introdussero la coltivazione della canna da zucchero in Sicilia, con il passare del tempo la Sicilia divenne un importante centro di produzione di zucchero, con mulini (trappeti) dedicati alla lavorazione della canna da zucchero, successivamente la produzione siciliana di zucchero perse competitività con la scoperta dell'America e la conseguente produzione a basso costo favorita dalla schiavitù.
La Cucina Italiana a Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità
Il mondo dell'enogastronomia orami è diventato variegato, diviso tra chi si ispira a cuochi della scuola italiana e chi insegue culture diverse e a volte contrapposte Nel mondo però si mangia rigorosamente italiano, di quella scuola italiana ricercatissima. Taluni pur lavorando in Italia, si ispirano a chef tedeschi, irlandesi, inglesi, spagnoli e/o francesi, più per una crisi di identità, che di una convinzione professionale
Questa è un iniziativa rivolta a coloro i quali a vario titolo si occupano di enogastronomia, a tutti quelli che attraverso il loro attività valorizzano il patrimonio agroalimentare ed enogastronomico made in Italy, in Italia e nel mondo, che si dedichino (o si siano dedicati) professionalmente ad attività connesse con la cucina italiana, anche sotto l'aspetto culturale, sociale e politico.
La Rete Nazionale dei Borghi GeniusLoci De.Co., IDIMED e altri, sostengono la Candidatura della Cucina Italiana a Patrimonio Immateriale dell'Umanità promossa dal Governo, insieme a quanti sono impegnati e dedicati alla divulgazione culturale, all’educazione alimentare, alla formazione e alla promozione del territorio, in Italia e all’estero. Con un obiettivo chiaro: tutelare e valorizzare la cultura alimentare e i prodotti agroalimentari di qualità, ponendo particolare attenzione al patrimonio identitario delle produzioni agroalimentari
Un accordo di partnership con quanti vogliono promuovere questo percorso per la candidatura della cucina italiana a patrimonio culturale immateriale dell’umanità Unesco attraverso la cultura alimentare
Un’intesa che punta, attraverso iniziative condivise, a sostenere la candidatura della cucina italiana a patrimonio culturale immateriale dell’umanità rafforzando così il legame tra cultura, territorio, qualità, sottolinea come la cucina italiana sia un elemento identitario, un mosaico di tradizioni regionali e un esempio di sostenibilità e biodiversità. La cucina italiana, infatti, non è solo cibo, ma anche pratiche, gestualità e rituali legati al momento del pasto, che contribuiscono a definire l'identità culturale del paese.
La condivisione del percorso di valorizzazione della straordinaria varietà di saperi e sapori che caratterizzano la nostra cultura gastronomica e che ne definiscono l’identità, a sostegno del riconoscimento della cucina italiana quale patrimonio immateriale dell’umanità.
La candidatura mira a riconoscere il valore della cucina italiana non solo come insieme di ricette, ma anche come pratica sociale, momento di condivisione e patrimonio di tradizioni tramandate di generazione in generazione.
La condivisione del percorso di valorizzazione della straordinaria varietà di saperi e sapori che caratterizzano la nostra cultura gastronomica e che ne definiscono l’identità, a sostegno del riconoscimento della cucina italiana quale patrimonio immateriale dell’umanità.
Promuovere la cultura del cibo significa valorizzare la nostra storia, le tradizioni e l’economia locale. I nostri prodotti dell’elaioenogastronomia sono un patrimonio straordinario, frutto del lavoro delle comunità e delle imprese agroalimentari e degli artigiani del gusto, che rappresentano un valore non solo economico, ma anche sociale e culturale.
Il logo della candidatura della “cucina italiana” a patrimonio dell’Unesco, una mano che spadella cose, fra cui classici ingredienti della cucina italiana e alcuni monumenti celebri nostrani.
Un logo dal design semplice, con la mano di uno chef che spadella sul fuoco un mix di ingredienti della cucina italiana (fra cui figurano il vino, l’olio di oliva, la pizza, il pesce e la pasta) e diversi monumenti italiani (fra cui notiamo la Mole Antonelliana, i Templi di Agrigento, la Torre di Pisa, il Colosseo e diversi altri), il tutto su sfondo azzurro e corredato di scritta “Io amo la cucina italiana candidata a patrimonio Unesco”.
Il logo vuole riportare alla mente l’atto di cucinare come un rito e un patrimonio alimentare/culturale. Il logo è stato realizzato dagli allievi della Scuola della medaglia dell’Istituto poligrafico e zecca dello Stato.
Ricordiamo che la candidatura della cucina italiana come patrimonio dell’Unesco è stata lanciata nel 2023 dopo essere stata anche promossa dall’Accademia italiana della Cucina, dalla fondazione Casa Artusi
L'obiettivo è di valorizzare i prodotti identitari e dell'arte culinaria dell’ ElaioEnoGastronomia Quando il cibo viene ancorato in maniera identitaria ad un territorio, smette di essere un momento culinario e diventa esperienza totale. In questo modo coinvolge immediatamente i quatto sensi, vedere, annusare, gustare e toccare; ma quando un cibo è veramente ancorato ad un territorio tocca anche l’udito, perché si racconta e racconta il territorio. Quando arriva nel piatto, quel cibo ti ha detto tante cose e quando lo assapori diventa esperienza avvolgente, coinvolgente e identitaria di quel luogo. Il termine genius loci, di origine latina, definisce letteralmente il “genio”, lo spirito, l’anima di un luogo è caratterizza l’insieme delle peculiarità sociali, culturali, architettoniche, ambientali e identitarie di una popolazione e l’evoluzione di quest’ultima nel corso della storia.
Pagina dedicata
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VI INVITIAMO A COMPILARE IL MODULO e CONDIVIDERLO CON I VOSTRI AMICI
MODULO DI CANDIDATURA
PER L’ISCRIZIONE NELL’INVENTARIO NAZIONALE DEL PATRIMONIO
AGROALIMENTARE ITALIANO
A.
Comunità proponente
La presente richiesta
di inventariazione è presentata dalle seguenti comunità:
·
Casa Artusi – Fondata nel
2007 con l’obiettivo di promuovere il sapere e il saper-fare artusiano e dunque
la cucina di casa italiana con manifestazioni culturali, eventi, conferenze e
con la Scuola di cucina Casa Artusi dedicata alla cucina domestica e aperta a
curiosi, appassionati, amatoriali e professionisti, a tutti coloro che vogliono
vivere un’autentica esperienza pratica di cucina seguiti dai maestri di Casa
Artusi e dall’Associazione Mariette per quanto riguarda l’arte della sfoglia e
della piadina romagnola fatta a mano.
·
Accademia italiana
della Cucina – Fondata nel 1953 da Orio Vergari,
è un'associazione culturale
il cui scopo è quello di salvaguardare, insieme alle tradizioni della cucina italiana,
la cultura della civiltà della tavola, espressione viva e attiva
dell'intero Paese Italia. Riconosciuta quale Istituzione culturale della
Repubblica dal Ministero della Cultura, l’Accademia ha il fine di tutelare la tradizione gastronomica italiana e di promuoverne e favorirne il
miglioramento in Italia e all'estero, attraverso varie iniziative, studi e
divulgazioni tra cui un centro studi, attività
editoriali, degustazioni. L’accademia conta 224 Legazioni
in Italia e 68 Delegazioni e 20 Legazioni all'estero con più di 7.500 associati
chiamati "Accademici".
·
La Cucina
Italiana – Rivista fondata nel 1929 dalla coppia di coniugi Umberto Notari e Delia Pavoni, la Cucina Italiana è
divenuta negli anni lo spazio culturale in cui la pratica della cucina
di casa ha trovato dimensione e risonanza, consentendo di unirla a quella dei grandi chef. Descrivendo le storie delle famiglie italiana
in cucina, da quelle più blasonate
a quelle meno note, la rivista assolve al fondamentale ruolo di collante tra
generazioni e territori, consentendo alla pratica di esprimersi e di farsi
conoscere, salvaguardandone, così, gli elementi tradizionali pur in una logica
di scambi, integrazioni, dialoghi con altre culture.
B.
Nome dell’elemento
Nome
principale: La cucina di casa italiana tra rituali e pratiche sociali Nome alternativo: La cucina italiana
tra sostenibilità e biodiversità culturale
Nome in inglese: The Italian
cooking between sustainability and biocultural diversity
C.
Sintesi dell’elemento
La cucina italiana è un insieme
di pratiche sociali
fatta di riti e gestualità, basate sul concepire il cibo come elemento
identitario e il momento della preparazione del pasto come occasione di
condivisione. In Italia cucinare è un modo di prendersi cura della felicità
della famiglia e degli amici (quando si cucina in casa) o degli avventori (quando
si cucina al ristorante), è il frutto di un continuo gioco di prestiti,
interferenze, connessioni, scambi
che dalla tavola delle
famiglie italiane arriva
al ristorante e viceversa. La cucina italiana
è un mosaico dei tanti
saperi
locali, territoriali, che, senza gerarchie, la declinano e la connotano. E’ una pratica
che fa stare bene, che serve
a migliorare la qualità della vita. La pratica del cucinare è una manifestazione di creatività basata sul
non sprecare nulla, sul riutilizzo del cibo avanzato: fare col poco, con quel che c’è, cercando
di non gettare nulla ma di riutilizzare gli avanzi per creare nuovi piatti
ricchi di gusto (le polpette, la ribollita, la frittata di pasta del giorno prima, per citarne
alcuni). La pratica del cucinare è una forma
di tutela della
biodiversità perché basata
sul rispetto della stagionalità e della filiera
corta di prossimità. La pratica del cucinare è un momento
collettivo nelle famiglie italiane, in cui ciascun componente assume un
suo ruolo, fin dal momento in cui si sceglie cosa mangiare a colazione, a
pranzo, a cena.
1.
Identificazione e definizione dell’elemento
La cucina italiana è un insieme
di pratiche sociali
fatta di riti e gestualità, basate sul concepire il cibo come elemento
identitario e il momento della preparazione del pasto come occasione di
condivisione. Il cucinare è una forma di viaggio dove i mezzi di trasporto sono
rappresentanti dagli ingredienti che ti portano, con il tuo umore, la tua
sensorialità e la sensibilità del
momento, in luoghi nuovi ogni volta, anche quando il piatto è lo stesso o la
ricetta è la stessa. Il cucinare consente di ricreare continue emozioni e
sensazioni e di condividerle con gli
altri; per questo gli italiani
cucinano così tanto, per regalare “momenti”, viaggi attraverso
luoghi sensoriali sempre nuovi. La scelta di cosa mangiare è essa stessa spesso
una occasione di dibattito in famiglia e
tra gli amici ed una volta compiuta
ognuno ha un suo ruolo: chi sceglie
gli ingredienti nel rispetto della stagionalità e della biodiversità, chi li
deve poi preparare e cucinare, chi apparecchia la tavola, chi commenta, chi
guarda, chi impara. Il cucinare insieme diventa così una festa, un rito immancabile,
specialmente nei giorni festivi quando tale pratica assume colori, gesti e
profumi che fanno sentire bambini anche i grandi. Questo continuo discutere
insieme del cibo, anche mentre si mangia, mentre si è seduti a tavola, porta a rinnovare costantemente le “ricette”
tramandate di generazione in generazione e a costruire nuovi
percorsi di preparazione.
Si cucina per festeggiare anche quando non c’è nulla da festeggiare. Per festeggiare si cucina
ma prima ancora si decide
insieme cosa cucinare, quali ingredienti comprare,
dove comprarli. Si pensi
ai piatti delle feste: dai tortellini alle lasagne della
domenica, il modo di prepararle è una occasione di dibattito in famiglia e tra le famiglie, in cui emergono
le diversità territoriali ma anche locali (tra paese e paese) e in cui ogni territorio cerca di valorizzare i prodotti locali e stagionali, nel rispetto della
biodiversità agraria.
La cucina di casa italiana
è quindi una pratica comunitaria, condivisa, transgenerazionale.
La
capacità di trasformare i prodotti semplici della terra e farli diventare buon
cibo è il vero patrimonio sociale che si è sedimentato nella cultura alimentare italiana, spesso trasmesso
per via orale nell’ambito familiare, sintesi della capacità soprattutto
femminile di combinare gli ingredienti forniti prioritariamente
dall’agricoltura e dall’allevamento di animali da cortile.
Tale pratica
è trasmessa di generazione in generazione sia in forma
orale che in forma scritta, sia in modo formale e ufficiale
che in modo informale.
La
pratica della cucina italiana e la passione del cucinare si impara a casa prima
di tutto, in famiglia, crescendo intorno ai fornelli. La casa è il infatti il
luogo privilegiato per la trasmissione delle conoscenze.
Ugualmente
sono importanti le osterie, le trattorie, i ristoranti, dove ci si riunisce
anche per vedere come si cucina, per imparare e poi provare a ricrearlo a casa,
per mangiare e per discutere di cosa si mangia e programmare insieme cosa
mangiare alla sera.
Alcuni
aspetti di tale pratica, come la scelta degli ingredienti o le modalità
classiche di preparazione, si possono trasmettere in modo formale. In ciascuna
regione vi sono scuole di cucina di alta specializzazione, pubbliche e private,
e gli istituti alberghieri ovvero scuole superiore dove si insegna
non solo a cucinare ma anche ad apparecchiare, a spiegare la
dimensione
culturale dei prodotti alimentari e la storia e l’identità che si nasconde
dietro di essi.
Ci sono poi numerosi
altri luoghi dove tale pratica
si tramanda come la Fondazione Artusi che organizza
continuamente corsi e che, grazie all’Associazione delle Mariette, è impegnata
a divulgare le conoscenze culturali connesse alla cucina italiana di casa.
Ugualmente tale pratica può essere compresa
ed imparata durante
le numerose “sagre”
e feste di paese dedicate ad
alcuni cibi tradizionali: qui diversi cuochi, principalmente non
professionisti, ricreano le ricette tradizionali in un turbinio di musica,
gestualità, richiami usando i dialetti tipici.
La
trasmissione avviene anche in forma scritta: si pensi ai ricettari delle nonne,
ai quaderni tramandanti di generazione in generazione ma anche ai più moderni
blog di cucina che consentono a chiunque di apprendere i mille modi di
preparare una stessa pietanza.
Oggi
non esistono ruoli specifici nell’esercizio di tale pratica perché l’elemento è
diffuso in tutta la popolazione, a prescindere dal ceto sociale, dall’età,
l’etnia, la religione. In passato, però, la cucina domestica era il luogo per
eccellenza delle donne (le mamme, le nonne), il laboratorio dove si sono
originati i grandi classici della cucina italiana, mentre la cucina “stellata”
(quella dei grandi chef) era un luogo prevalentemente maschile dove avveniva (e
avviene) la rivisitazione della tradizione casalinga. Oggi uomini e donne
giocano lo stesso ruolo ed è sempre più diffuso tra gli uomini
il piacere di cucinare e trovare grandi
chef di sesso femminile. Inoltre, mentre in passato erano
soprattutto le persone
più anziane a trascorrere la loro vita intorno ai fornelli, ora
tale pratica è esercitata da tutti, a prescindere dall’età.
2.
Valore sociale
e culturale dell’elemento
La pratica
del cucinare assume
ad una plularità di funzioni, sociali, culturali economiche.
La
Lingua italiana declina queste funzioni e, al tempo stesso, conferma la
centralità del cibo nella cultura nazionale:
“guadagnarsi il pane” per dire “lavorare per vivere”. “mangiare pane a tradimento” ovvero “essere buono come il pane”
(dialettale “bon come el pan che se magna”), “rendere pan per focaccia” (già nel Decameron di Boccaccio XIII sec– equivalente
all’inglese “tit for tat” e al
francese “randre la pareille”), “non
tutte le ciambelle riescono col buco” che significa che non tutto riesce sempre
bene, “tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui” (Dante Alighieri, Divina
Commedia, Paradiso). Sono tutte espressioni comuni nella lingua italiana che
riportano alla cucina italiana, al mangiare, a dimostrazione di come la cucina
sia utilizzata quale metafora della vita quotidiana.
Gli
italiani “parlano sempre di cibo” perché attraverso il cibo leggono,
rappresentano e raccontano la realtà. Quando si mangia, in Italia si parla di
cibo, di cosa si mangerà il giorno
dopo. Parole italiane legate al cibo usate in tutto il mondo senza traduzione a
conferma della centralità del cibo nella lingua
e nella cultura italiana. E’ talmente centrale
il cibo nella lingua e nella
cultura italiana, che nel mondo alcuni cibi italiani non sono tradotti:
“maccheroni”, “pasta”, “spaghetti”, “ciabatta”, “panini”, “espresso”,
“cappuccino”.
La
cucina di casa italiana svolge una importante funzione sociale di condivisione
dovuta al piacere dello stare insieme e una funzione di legame tra le
generazioni. Nonostante il cambiamento dei ritmi di vita, anche per i giovani
permane il piacere di condividere gusti e tradizioni assorbite in famiglia e di
proseguire in questa pratica.
Fino
a qualche anno fa, quando una donna si sposava, la suocera regalava un libro di
ricette, il proprio, quello della propria famiglia, o l’Artusi, il primo
fondamentale “ricettario” che ha saputo dare la dimensione culturale di questa
pratica. Oggi sono le neo mogli a regalare tali libri ai giovani mariti
in modo che anche loro imparino a rendere felice
la compagna in cucina.
La pratica della cucina di casa italiana svolge quindi una funzione sociale
molto rilevante perché, annullando ogni differenza (sociale, economica,
religiosa, di genere, ecc.) genera felicità per tutta la famiglia intensa in
senso molto ampio e tale da ricomprendere amici e avventori occasionali.
Il
cibo, il mangiare, la pratica del cucinare e del parlare di cibo è diffusa da
sempre tra gli italiani. Bastino citare due fatti. Nel 1860, quando l’Italia
non esisteva ed era divisa in più Stati, il presidente del Consiglio Cavour,
per spiegare al suo ambasciatore in Francia a che punto fosse la guerra per
l’unità d’Italia, scriveva “Le arance sono già sulla nostra tavola e stiamo per
mangiarle. Per i maccheroni bisogna aspettare, perché non sono ancora cotti”,
richiamando arance e maccheroni in quanto tipici prodotti del Sud d’Italia
che ancora non era
unito al Nord. Così, durante la prima
guerra mondiale, i soldati italiani prigionieri in Germania (ad Hannover tra il
1917 e il 1918), per non perdere mai il ricordo della propria origine, decisero
di scrivere un libro di ricette o meglio di ricordi di ricette delle proprie
famiglie, di “rimpianti e desideri” legati al cibo (“Arte culinaria”, Giuseppe
Chioni).
Tale pratica,
quindi, produce un chiaro senso di appartenenza alle proprie origini:
si pensi agli italiani che vivono all’estero e che hanno
riprodotto le ricette
di casa italiana
aggiornandole ai gusti dei
paesi in cui vivono, in segno di rispetto dei territori che li hanno accolti.
Ma
si pensi anche ad espressioni come “Italiani mangia spaghetti” usata per
identificare, nel mondo, in modo spregiativo, gli italiani, a conferma di quanto anche
nel mondo vi sia questa connessione tra il cibo, la pasta
e la nazionalità.
Tale
pratica svolge poi una funzione “ambientale”: biodiversità, ritmi delle
stagioni, impatto ambientale ridotto perché
kilometro zero, orti sottocasa per la propria
cucina (inizialmente per necessità – povertà – ora con la
consapevolezza che cosi si aiuta il pianeta).
Dunque tale pratica migliorare la qualità della vita: dare felicità attraverso il cucinare insieme e il mangiare e non solo
soddisfare un bisogno fisico.
3.
Stato di vitalità dell’elemento ed eventuali pericoli
La pratica del cucinare è diffusa in tutto il paese e ha sempre avuto un ruolo centrale nella
storia del nostro paese.
I primi ricettari
italiani appaiono nel XIV secolo,
tutti anonimi fino a quello di Maestro Martino, il cuoco più celebrato del Quattrocento. Segue la grande stagione della cucina
rinascimentale, con i capolavori di
Cristoforo Messisbugo (1549) e di Bartolomeo
Scappi (1570), che interpretano una cultura inter-cittadina, inter-regionale, fin da allora fatta di
scambi e interazioni (di prodotti
e di ricette) che creano
nel paese una “rete” condivisa
di cultura gastronomica. In questi secoli i ricettari nascono nelle
corti signorili, dove lavorano cuochi professionali; essi tuttavia esprimono
un sapere che è anche
popolare, attingendo dalla cucina contadina pratiche diffuse
nei vari territori, che l’alta cucina rifinisce, impreziosisce, arricchisce,
senza mai perdere il sapore dei luoghi, anzi contribuendo a diffondere i sapori locali su scala nazionale. È con il
medesimo atteggiamento che nei secoli successivi i cuochi di corte,
o dell’alta borghesia, progressivamente arricchiscono il patrimonio culinario italiano: Antonio Latini nel XVII secolo,
Francesco Leonardi nel XVIII ne sono i nomi più rappresentativi. Un secolo più tardi
si arriva a Pellegrino Artusi, il cui libro di cucina (1891) contribuisce a rafforzare la condivisione su scala nazionale
di prodotti e ricette locali, proponendole ora a un pubblico più largo, quello della piccola
borghesia cittadina, senza perdere il legame con la tradizione
popolare che rimane lo sfondo costante di questa storia. Artusi si concentra
principalmente sulla cucina di casa, contadina e borghese, e costituisce uno
snodo fondamentale nella progressiva costruzione del patrimonio gastronomico italiano. Secondo una ricerca condotta
dal Censis nel 2019, su richiesta di Casa Artusi,
il 67,5 % degli italiani che cucina ricorda
le ricette che prepara a memoria, ma allo stesso tempo il 54% ha in
casa un libro di cucina
e il 63,9% consulta i blog di cucina per ritrovare le ricette tradizionali. La tragica pandemia da
Covid-19 ha reso tale pratica, anche a causa del lockdown, ancora più diffusa
e condivisa, essendo spesso
divenuta l’unica occasione
di sfogo in molte famiglie italiane.
Secondo quanto emerge da una ricerca di Mastercard realizzata nel 2021, il 64% degli
italiani (verso il 58% degli europei) ha speso il periodo del lockdown dedicandosi alla pratica
del
cucinare, dando sfogo alla creatività ed inventando nuove tecniche di
preparazione e ricette (71% italiani
vs il 64% degli europei). Gli italiani si sono dimostrati i più inclini a voler imparare cose nuove (57% vs 48% degli europei) e a
improvvisarsi chef fai-da-te lasciandosi ispirare
dalle nuove forme di intrattenimento digitale su schermo (programmi televisivi, servizi
di streaming e social media
dedicati alla pratica
del cucinare che sono fonte di ispirazione per 1 italiano su
2).
La
cucina casalinga italiana si è evoluta nel modo di intendere i piatti stessi e
le abitudini culinarie degli italiani.
L’attenzione di questi ultimi ai fornelli si è scoperta
più consapevole sull’importanza
di un’alimentazione sana: il 57,2% (contro una media europea del 52%) ha
infatti sottolineato come la cucina durante la pandemia abbia rappresentato
un’occasione per il conseguimento, attraverso piatti e ingredienti sostenibili,
di uno stile di vita più sano proprio a partire dalla tavola. Il 59,5% degli
italiani ha anche
dichiarato di voler provare nuovi cibi, difficilmente utilizzati nel periodo
pre-lockdown: la voglia
di sperimentare nuovi
ingredienti va dunque di pari passo con nuove e più attente abitudini
alimentari.
Dalla
ricerca emerge come le restrizioni legate alla pandemia abbiano cambiato modi e
i luoghi in cui fare la spesa. 1 italiano su 3 ha acquistato generi
alimentari attraverso piattaforme online per la prima volta nell'ultimo anno, scoprendo vantaggi
e comodità. La familiarità con la
spesa online accelerata dalla pandemia non si tradurrà
necessariamente per tutti
in abitudine post Covid-19.
Secondo la ricerca infatti il 73% preferisce
lo shopping in-store in fatto di cibo, e solo un 32% degli intervistati ha dichiarato che continuerà ad acquistare beni alimentari
online quando la pandemia sarà finita. Questo essenzialmente perché la pratica
della cucina, vera passione italiana, si sostanzia anche nella discussione con
il venditore degli ingredienti: il negoziante diventa cosi co-partecipe della
preparazione della ricetta, indicando talvolta le sue varianti e suggerendo al cliente come variare a sua volta, contribuendo così anche lui alla
riuscita della pratica.
4.
Misure di salvaguardia dell’elemento attivate dalla comunità
promotrice
La
pratica dell’elemento è da sempre diffusa nelle famiglie italiane. I divieti
derivanti dal Covid-19 hanno incentivato una diversa forma di convivialità,
spostando gli incontri in presenza in una sede virtuale: le famiglie riunite
online hanno cucinato insieme, degustato e commentato, pur se a distanza, ma
non hanno rinunciato a praticare l’elemento che, anzi, ne è uscito rafforzato.
Sinteticamente possiamo
individuare alcune delle
principali misure adottate
dalle comunità in questi anni:
- Dal 1953 ad oggi, l’Accademia della Cucina italiana
ha documentato la pratica del cucinare
in Italia, catalogando tecniche, modalità, ricette, ritualità legate al
cucinare. Tale attività di documentazione è raccolta in 12 libri ed è
consultabile, in parte, on line gratuitamente.
- L’Accademia della Cucina italiana
ha realizzato una “Storia della cucina italiana
a fumetti” destinate a ragazzi
dai 6 ai 12 anni in cui si racconta, lungo i secoli, come si è evoluta tale
pratica e il significato che essa assume tutt’oggi
- Dal 2007 Casa
Artusi organizza incontri pubblici e realizza pubblicazioni a carattere
divulgativo per conoscere, recuperare, riscoprire e conservare i saperi legati
all’elemento e tramandarle alle nuove generazioni
- Nel 2021 la
Fondazione Casa Artusi ha promosso il “Manifesto della cucina in casa”,
sottoscritto da 20 associazioni culturali diffuse in tutto il paese, per
esortare l’opinione pubblica a conoscere e diffondere la pratica
- a partire
dal 2015, il Ministero della
Cultura, attraverso il geoportale della
cultura alimentare, ha
identificato gli elementi caratterizzanti tale pratica. Tale processo è sempre
in divenire
-
nel 2020 la Regione Campania
ha finanziato un progetto di ricerca dell’Università Suor
Orsola Benincasa
e l’Università degli Studi di Roma Unitelma
Sapienza, per la realizzazione
di un museo virtuale
della pratica con brevi documentari con protagoniste donne e uomini
campani cosi da tramandare ai giovani l’elemento
- Nel 2019 il Ministro
dell’Istruzione e il Ministro dell’Ambiente hanno siglato un protocollo
di intesa per lo sviluppo dell’educazione ambientale nelle scuole superiori,
nel cui ambito è ricompresa una sezione dedicata alla educazione alimentare e
alla conoscenza dell’elemento quale esempio di sostenibilà
- Nel 2015, il Ministero
dell’Agricoltura, nell’ ambito
di EXPO Milano 2015, ha organizzato,
insieme all’Università Unitelma
Sapienza, una serie
di incontri pubblici
per diffondere I valori
culturali connessi all’elemento e illustrare il suo significativo culturale
- Dal 2014 il Ministero degli Esteri organizza la “Settimana della
cucina italiana nel mondo”.
In questa settimane, associazioni, gruppi, cuochi e cuoche organizzano eventi
presso le Ambasciate italiane nel
mondo per far conoscere la pratica
della cucina italiana, la sua storia
e il suo significato.
- La rivista “La
Cucina italiana” ha avviato nel 2020 la realizzazione di un archivio digitale
dei “quaderni di casa”, consultabili gratuitamente e online, contenenti le
ricette tradizionali delle famiglie italiane, a partire dalla memoria delle nostre none e dal ruolo che
hanno avuto anche nel creare
le basi dell’alta ristorazione. Nell’ambito di tale Progetto, saranno realizzati
anche brevi documentary per far conoscere le ricette delle grandi famiglie
storiche italiane (Leopardi, Frescobaldi …) al fine di preservare la memoria e
trasmetterle alle future conoscenze
Progetto “Integrare attraverso la cucina”.
Realizzazione, da parte della Cattedra
UNESCO sui Patrimonio
Culturali Immateriali dell’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza, di
un portale web in cui uomini e donne, di ogni età, etnia, religione, orientamento, racconta, per iscritto o con brevi video, cosa
significa l’elemento: l’obiettivo è creare un archivio digitale permanente che descriva, nel Corso degli anni, come cambia la pratica
dell’elemento e come tale
elemento sia un fattore di integrazione sociale,
dando spazio soprattutto agli stranieri che vivono in Italia e che, pur non
essendo italiani, sono divenuti parte di questa tradizione.
- Progetto
“Italians”: documentazione della pratica presso gli italiani che vivono
all’estero anche per realizzare uno scambio con chi è rimasto in Italia.
Progetto realizzato dale delegazioni dell’Accademia italiana della cucina.
- “Progetto Gusto”
realizzato dall’Istituto Enciclopedico Treccani – la principale enciclopedia scientifica nazionale
fondata nel 1925 – e dalla Fondazione Qualivita: una serie di volume in cui
sono raccolte le diverse modalità
in cui si esprime la pratica Regione
per Regione, ognuna con le sue peculiarità ma tutte
con la stessa funzione culturale e lo stesso obiettivo.
- La cucina dei
centenari, da una idea della Fondazione Casa Artusi. La pratica della cucina
italiana è un fattore di benessere collettivo e il popolo italiano è tra I più
longevi al mondo. Ogni anno, per condividere la storia dei centenary e la lodo
identitià rispetto al cibo, si organizzerà una cena con loro protagonisti. Ad
ogni tavolo un centenario sarà circondato da studenti di scuole medie ai quali
saranno trasmesse le conoscenze legate a tale pratica.
- “La settimana
della cucina italiana nel mondo”: proseguiranno, ogni anno, le iniziative
organizzate dal Ministero degli Esteri per promuovere nel mondo la pratica di questo elemento e far sentire partecipe specialmente le comunità
italiane che vivono
all’estero. Gli eventi,
che vedono protagonisti tutti,
sono finalizzati anche
a far conoscere la dimensione culturale di tale pratica e a coinvolgere popoli e culture
diverse nel suo esercizio, così da potenziare quel gioco di scambi
e di prestiti che caratterizza l’elemento.
- Organizzazione
del “Campionato della cucina italiana” – Si tratta di una gara non competitiva rivolta
agli studenti degli
Istituti alberghieri (ragazze/i di 15-19 anni che studiano come si cucina) nel cui ambito
due sezioni sono dedicate alla cultura gastronomica e alla connessione tra
identità cultura e patrimonio alimentare. Organizzato dalla Federazione
italiana Cuochi.
5. Materiale di documentazione
a.
Materiale fotografico e/o audiovisivo di illustrazione dell’elemento
Si allegano 20 fotografie.
b.
Bibliografia scientifica relativa all’elemento
·
M.Montanari, Il mito delle origini.
Breve storia degli
spaghetti al pomodoro (Larterza 2019)
·
M.Montanari, I racconti
della tavola. (Laterza
2014)
·
M. Montanari, L'identità italiana in cucina
(Laterza 2010)
·
M. Montanari, Il cibo come cultura (Laterza
2004)
·
Françoise Sabban, M. Montanari (a cura di), Atlante dell'alimentazione e della gastronomia: Risorse, scambi,
consumi-Cucine, pasti, convivialità, (UTET 2004)
·
M. Montanari (a cura di), Il mondo in cucina.
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